Feedback: il Manager Smart sa darli e riceverli

Significato e funzionamento del metodo feedback

Nelle organizzazioni di persone e nelle aziende, la qualità delle relazioni interpersonali è direttamente proporzionale all’efficienza di ciò che fanno. Lavorare all’unisono, cioè tra persone che hanno fiducia l’una nell’altra, può abbreviare anche di molto la conclusione di progetti, consente ai team di trovare soluzioni innovative, facilita il senso di appartenenza.
Ma, per costruire fiducia occorre che le persone abbiano la possibilità di esprimere ciò che hanno provato tutte le volte che hanno subito, o ritenuto di aver subito, un torto, uno sgarbo, un’ingiustizia da parte di un collega (indipendentemente dal grado gerarchico): devono poter dare un feedback.

Dare un feedback non è un gioco da ragazzi

Dare un feedback per costruire rapporti di fiducia con gli altri membri di un’organizzazione non è una cosa facile, né istintiva, né può dipendere dal carattere dei singoli.
Dare un feedback è un processo che presuppone principi, finalità, protocollo, processo, e la loro accettazione e condivisione da parte di tutto il personale, senza eccezioni. Inoltre, esso deve essere applicabile sia tra pari, sia da e verso i capi.

Proviamo a spiegare il feedback, partendo da una lista (non esaustiva) di cosa il feedback non deve essere:

un atto estemporaneo

un giudizio sul carattere

un giudizio sull’essere

una formulazione sopra le righe, scomposta: un’“urlataccia”

una formulazione tardiva, decontestualizzata

una pretesa immediata di risposta o di scuse

un modo per far valere la propria autorità, se dato a un collaboratore

un modo per sfidare l’autorità, se dato a un capo

Perché no? Sappiamo già l’ovvia risposta: perché tutto ciò è inefficace per la creazione della fiducia.

Partiamo dall’estemporaneità: se in un gruppo o in un’organizzazione, ‘dare un feedback’ è un atto estemporaneo, che non segue un protocollo condiviso, allora esso non è accettato da tutti e non è usato da tutti nello stesso modo. Diventa un atto individuale che rischia di alimentare, anziché ridurre, la tensione o la frustrazione.
E ancora, una vendetta chiama un’altra vendetta, a ripetizione, senza fine.
Oppure, urlare un feedback dimostra una grande debolezza, e lo sfogo genera un torto.

In buona sostanza, ‘dare un feedback’ come sfogo non comporta un miglioramento del mio rapporto di forza con la persona a cui lo indirizzo, al contrario lo peggiora. La fiducia, si riduce, il recupero diventa lungo, faticoso, talvolta impossibile. Le organizzazioni dove vige un simile clima sono il contrario dell’efficienza, che come noto presuppone collaborazione, che è l’opposto del conflitto.

Il Feedback è un gioco da adulti?

Il feedback non è un gioco, e non può essere ‘consumato’ mediante il gaming (si veda, a tal proposito, questo articolo).

Dare un feedback che risulti efficace richiede preliminari discussioni, condivisioni e metodo; può essere molto faticoso, richiede una revisione permanente, continua e critica del metodo; può comportare fenomeni di rigetto in alcuni individui, che non devono essere isolati, né indicati al pubblico ludibrio, ma accompagnati in un percorso di recupero e adesione volontari. L’arte di dare e ricevere feedback in azienda rende il manager un manager smart.

Vediamo allora quali sono le basi per l’adozione del feedback in azienda, continuo con il metodo della lista.

Il feedback:

ha l’obiettivo di abbassare i conflitti interpersonali nelle organizzazioni, aumentare la fiducia;

presuppone alcuni princìpi e modelli organizzativi che devono essere presentati, discussi e condivisi;

è un metodo e richiede un processo adottato formalmente e pubblicamente (all’interno dell’organizzazione): a protezione di chi lo dà e a garanzia di chi lo riceve;

va continuamente monitorato, ri-discusso, nutrito;

deve garantire la totale esclusione di conseguenze (disciplinari, valutative, di carriera) ad entrambe le parti del binomio;

deve poter essere adottato su base volontaria e con gradualità: deve essere adottato perché conveniente, non perché obbligatorio;

l’adozione del feedback non deve essere inserita negli MBO;

deve essere contestualizzato e tempestivo: non si può dare un feedback troppo lontano nel tempo, deve essere riferito a un fatto preciso, specifico, non si può parlare ‘in generale’;

deve avere l’obiettivo di spiegare all’interlocutore:  “Come mi sono sentito quando tu hai …”;

deve essere formulato in modo che non vi siano elementi di giudizio sul carattere, sull’essenza della persona, né vi devono essere elementi di generalizzazione;

può essere ‘negativo’, ma anche positivo: ci vuole coraggio, maturità e generosità, ma i feedback positivi sono medicina per la creazione della fiducia;

il feedback deve essere un atto genuino;

deve essere ricevuto senza repliche immediate: si deve evitare l’innesco di battibecchi, litigi, botta-e-risposta infiniti. “Grazie per il tuo feedback, ci rifletterò e, se permetterai, ti dirò cosa ne penso”;

la replica a un feedback può/deve essere data il giorno dopo o comunque a poca distanza da quando lo si è ricevuto;

il metodo deve fornire gli strumenti di auto-critica e auto-valutazione, sia nel dare, sia nel ricevere feedback.

Conclusioni

La ricerca della fiducia e di una relativa armonia tra i membri di un’organizzazione o tra il personale di un’intera azienda ha come fine un aumento dell’efficienza, oltre a un clima aziendale meno conflittuale e più vivibile. Non si tratta di ‘buonismo’: è interesse dell’azienda ottenere il meglio da ciascuno e dai gruppi di lavoro.  Si diventa più produttivi, aumenta lo scambio di informazioni orizzontale non codificato, così come la velocità nel risolvere problemi. Il buon management è basato sul feedback.

Per la scelta del metodo, degli strumenti e per organizzarne l’introduzione occorre rivolgersi a professionisti e non improvvisare. Ad esempio, occorre sapere come affrontare i probabili tentativi iniziali di qualcuno di trasformarlo in uno strumento di vendetta o di tortura. Occorre saper convincere anziché imporre, lasciando a ciascuno i tempi per riflessione e l’adozione.

Infine, ma cosa forse più importante, occorre saper garantire che non si sta introducendo in modo surrettizio un sistema per il controllo delle persone. Gli strumenti di valutazione delle persone, la misura del raggiungimento degli obiettivi individuali, il colloquio capo-collaboratore, tutto ciò che le aziende quotidianamente usano per il funzionamento e la valutazione del personale deve, a mio parere, essere tenuto fuori dal discorso del feedback.

Concepite e adottate il feedback come strumento per il miglioramento organizzativo, non come un potenziale “Cerbero” attraverso il quale colpire anziché premiare.

Mostrate (com)passione ed empatia verso chi compie errori, pur volendosi migliorare. Diventate un Manager Smart.

Avrete un’azienda più felice e … più ricca!

Paolo Bottura
Senior Manager
Contract Manager s.r.l.