Come passare da piccola a media impresa- I necessari cambiamenti organizzativi

In un tessuto di imprese come quello italiano, dove la piccola e la media dimensione prevalgono, il tema della crescita dimensionale pone molte sfide e ostacoli ma anche grandi opportunità per le quali, però, bisogna attrezzarsi adeguatamente.

Per affrontare questo passaggio è richiesta in primo luogo piena consapevolezza della delicata situazione, anche da un punto di vista organizzativo, oltre al coraggio di affrontare gli ostacoli, la forza, le risorse finanziarie per poter risolvere tutti i problemi che la crescita, inevitabilmente, determina. Questo è il motivo per cui molte aziende preferiscono, alla fine, rimanere con una dimensione più piccola e quindi più gestibile.

Solitamente, il superamento del numero dei 100 dipendenti e un fatturato superiore ai 30/50 milioni, sono considerate le misure oltre le quali certi meccanismi e abitudini, fatti di gestione informale e relativamente scarsa “strutturazione”, non reggono più le necessità del business.

Inoltre, gli imprenditori e i manager più avveduti e lungimiranti spesso si danno l’obiettivo e hanno l’aspettativa di poter mantenere la stessa flessibilità, agilità e freschezza “tattica” tipica delle dimensioni più piccole anche quando il business e l’organizzazione crescono. Questo richiede molte accortezze, buon senso, grande esperienza e capacità di accettare gli inevitabili errori.

Quando cambiare da piccola a media impresa?

Il percorso solitamente è guidato da necessità concrete: ad esempio legate ai processi di comunicazione e di passaggio delle informazioni all’interno dell’organizzazione. Da una parte per dare una “direzione” e dall’altra per avere in mano, laddove servano, tutte le informazioni necessarie per poter agire e decidere con efficacia.

Si inizia inoltre, presto, a percepire che senza un efficace processo di delega non è possibile gestire un’organizzazione che si sta facendo via via più complessa e di maggiori dimensioni; questo porta con sé una gestione, del business e degli individui, che deve essere realizzata necessariamente per obiettivi e che coinvolge, come minimo, un arco temporale da uno a tre anni.
Tutto questo richiede anche la definizione di un opportuno sistema di incentivazione; certamente monetario – parte fissa e parte variabile, come minimo – e un forte coinvolgimento delle persone nel “progetto” dell’impresa.

Idealmente tutto questo dovrebbe essere, inoltre, supportato da un’adeguata cultura aziendale che promuova comportamenti virtuosi. Questo allo scopo di favorire sia lo sviluppo delle professionalità e competenze con la formazione aziendale l’affiancamento, il coaching, sia la motivazione attraverso l’attribuzione di un senso profondo allo sforzo quotidiano che le persone fanno con il loro lavoro. Anche facendo riferimento a una specifica attitudine – auto apprendimento ad esempio – un atteggiamento di curiosità da parte dei collaboratori dovrebbe essere ricercato sul mercato quando si svolgono le attività di selezione, ma anche stimolato all’interno della struttura organizzativa, perché sarà più facile avere persone che abbiano sempre le competenze giuste al momento giusto.

Adeguare la struttura alla media dimensione d’impresa

Sempre da un punto di vista culturale, il passaggio da piccola a media dimensione, che comunque non deve mai avvenire snaturando la inevitabile identità organizzativa acquisita nel corso del tempo, porta spesso a un processo di cambiamento nel mix delle risorse che aderiscono al progetto aziendale, alcune adeguate al nuovo corso, altre inadeguate e che inevitabilmente cercheranno altre vie.

Per scendere un po’ più nell’operatività, un’altra tipica necessità di un’organizzazione che affronta il passaggio da piccola a media, che sentirete ripetere come un mantra da consulenti e manager nelle organizzazioni in crescita, è la necessità di “strutturare” e di “procedurizzare”.
Per fare questo ci sono dei facilitatori, tipicamente i sistemi informativi, che ormai stanno diventando lo “scheletro” di quasi tutte le organizzazioni e hanno l’enorme vantaggio di costringerle ad adottare procedure e sistemi di gestione più efficaci.

Questa però è una medaglia a due facce: da una parte lo svantaggio e comunque il rischio di irrigidire e sclerotizzare l’organizzazione; e questo contravviene, come già detto,  con la necessità sempre molto sentita da imprenditori e manager, soprattutto i più brillanti, di mantenersi veloci, flessibili e adattabili.
Dall’altra essendo standardizzati non consentono di acquisire un vero vantaggio competitivo, perché al meglio si fa come coloro che hanno già acquisito il “prodotto”.

A questo bisogna aggiungere che un’eccessiva “strutturazione”, anche al di là degli ERP, impone sempre dei costi amministrativi che correttamente, invece, devono essere contenuti, anche se al crescere della dimensione un loro aumento è inevitabile.
Quindi, nella ricerca del delicato equilibrio tra procedure vs. flessibilità e agilità, la giusta mentalità è – ad esempio – quella di evitare ad ogni modo l’ossessione del controllo.

Quanto conta l’esperienza

L’esperienza di chi gestisce il cambiamento e la crescita, poi, gioca un ruolo fondamentale per evitare un percorso che conduce prima a procedurizzare, salvo poi scoprire che tutto ciò ha costi insostenibili, ingessa eccessivamente l’organizzazione e la rende incapace di adattarsi.

Come accade per ogni cambiamento, il processo di crescita organizzativa, che è sempre impetuoso e in parte inevitabilmente caotico, ha però sempre bisogno di grande energia, determinazione ma anche di molto equilibrio ed armonia.

Fabrizio Benassi
Senior Manager
Contract Manager s.r.l.