Alla larga dai manager fenomeni. Una categoria manageriale da evitare

Recentemente un amico mi ha raccontato una vicenda divertente dalla quale ho preso spunto per scrivere queste note sul/sulla manager fenomeno.

La Direzione HR di un’importante azienda italiana, con marchio noto e una business strategy chiara, vincente e consolidata, ha svolto una ricerca per un Direttore di Business Unit. Dopo aver visionato i candidati proposti da una società di executive search, e dopo averli vagliati con la Direzione Generale e la Direzione Commerciale è stata effettuata la scelta di un manager affermato. L’esperienza del manager mostra un track record di successo, i colloqui di selezione erano stati più che convincenti, il comportamento del manager perfetto nella comunicazione “seduttiva” nei confronti degli interlocutori, l’aspetto curato, “à la page”, con dettagli di abbigliamento accattivanti.

Cambio di paradigma?

Il manager prescelto è entrato in azienda e ha iniziato la fase di presa di visione e di conoscenza delle persone, dei prodotti e della strategia. In poco tempo si è fatto notare per il suo acume, la sua facile comunicativa e le sue idee radicali di cambiamento. Sicuro di portare importanti innovazioni alla strategia della Business Unit, se ne andava in giro in azienda a promuovere le sue idee e a predisporre le manovre per ottenere approvazione al cambiamento. Al terzo mese, il nuovo responsabile della Business Unit ha presentato alla Direzione la sua analisi-diagnosi e la sua proposta, originale e “creativa”, di una nuova strategia di business. Lo slogan che contraddistingueva la sua proposta divenne virale in azienda: “Semplice: bisogna cambiare il paradigma”, questo modificando target clienti, posizionamento, prezzi, prodotti, rete di vendita, etc.

Al quarto mese, il manager appena inserito è stato allontanato. Non era necessario cambiare il paradigma, solo lavorare affinando gli elementi della strategia insieme alle persone, per raggiungere gli obiettivi aziendali.

Manager fenomeno in cosa?

Questa storia evidenzia due aspetti fondamentali. In primo luogo, il “manager fenomeno” lo era soprattutto nel suo modo di gestire il percorso di selezione per farsi apprezzare dal vertice aziendale; perché ai vertici piacciono i manager che sanno tutto, brillanti e sicuri di sé, manager che sembra abbiano in mano la verità.
In secondo luogo, la Direzione ha capito in fretta di aver sbagliato risorsa e ha agito altrettanto in fretta, correndo ai ripari con una risorsa promossa dall’interno.

Quando si sbaglia, meglio sbagliare velocemente e correggere rapidamente…

Perché i manager fenomeni non vanno bene alle aziende?

Perché nelle aziende moderne si lavora in squadra, si opera insieme, condividendo obiettivi e strategie. Il mercato è sempre più complesso e la competizione è sempre più accesa. Non esiste una verità assoluta. È necessario analizzare tutti i dati e le informazioni a disposizione, valutare le alternative strategiche, soppesare i rischi e i benefici e, soprattutto, coinvolgere i collaboratori stretti nelle decisioni e nella realizzazione della strategia, controllando sistematicamente i risultati raggiunti. Ciò è ancora più vero nelle aziende di successo, che hanno un solco imprenditoriale forte, un posizionamento chiaro e una strategia vincente.

Anche nel caso in cui l’azienda abbia bisogno di un cambiamento drastico per invertire un trend di risultati negativi, le scelte manageriali devono essere spiegate, condivise per poter creare il nuovo team che gestirà il processo di turnaround. Si possono fare cose difficili in tempi brevi se si crea un’unità di intenti in un gruppo affiatato.

Il/la manager fenomeno non lavora in squadra e per la squadra. Non lavora, in realtà per l’azienda, anche se potrebbe sembrare. Il/la manager fenomeno lavora per sé, per il suo tornaconto, per la sua immagine. Così facendo il/la manager fenomeno provoca di solito la fuoriuscita delle persone più capaci, quelle discrete, che lavorano nell’ombra senza i riflettori puntati addosso e che contribuiscono concretamente, e non a parole, ai risultati dell’azienda. L’azienda moderna ha bisogno del contributo di tutti. Ognuno deve sentirsi valorizzato e motivato a dare il massimo da leader che assomiglino sempre più a grandi allenatori sportivi, che sappiano definire la strategia e mettere le persone ai posti giusti e dando loro la carica motivazionale giusta.

Alla larga dal Manager fenomeno

Ma come possiamo individuare in anticipo il/la manager fenomeno? Quali sono i segnali deboli che dobbiamo cogliere?
In primo luogo, l’approccio. Il/la manager fenomeno parla prima di tutto dei suoi successi, dei risultati ottenuti. Di solito esalta i risultati, mette in evidenza ciò che ha fatto grazie alle sue uniche capacità. Quindi il primo segnale è l’accento su sé stesso/a. L’eccessiva sicurezza che rasenta l’arroganza. Il manager fenomeno cita, utilizza termini in inglese e, soprattutto millanta conoscenze “altolocate” citandole per nome, per dimostrare confidenza e familiarità.

L’altro tratto che lo/la caratterizza riguarda la scarsa propensione all’ascolto. Il/la manager fenomeno ascolta poco. Invece bisogna ascoltare moltissimo. Il/la manager fenomeno parla molto, a volte moltissimo. Al termine di un incontro con un/una manager fenomeno si rimane frastornati e quasi si ha la sensazione di non essere all’altezza. La modestia o l’umiltà non fanno parte del DNA del/della manager fenomeno, che spesso evidenzia un’estrema sicurezza di sé e una certa aggressività verso gli interlocutori, esprimendo in modo più che assertivo giudizi netti e decisi. Coloro che potrebbero rappresentare una minaccia vengono pian piano eliminati dall’orizzonte. Infine, la tolleranza verso le persone normali è scarsa. Questo porta il/la manager fenomeno a non trarre il meglio dalle persone attorno a sé, perché l’effetto che creano è quello della chiusura in sé stessi. Le persone infatti tendono a chiudersi nel proprio orticello, producendo il minimo indispensabile.

Pertanto, alla larga dai/dalle manager fenomeni.

O almeno da quelli che tali appaiono; perché ogni tanto i fenomeni ci sono davvero, quelli davvero veloci, davvero decisi, empatici e in possesso di una visione strategica.

Quelli che alla fine cambiano i paradigmi sul serio, generando innovazione, ma lo fanno rispettando la storia e la cultura aziendale, valorizzando il modello di business esistente e soprattutto coinvolgendo e motivando al cambiamento i propri collaboratori, generando così valore per l’azionista e creando un ambiente dinamico dove tutti i dipendenti sono incentivati a dare il meglio di sé.

Angelo Vergani