Il “temporary management” in Europa. Questo è il tema affrontato dalla Transition Management Group in Austria, Germania, Italia, Francia, Spagna e Svizzera in una ricerca condotta tra luglio e settembre 2014 su circa 2.000 managers, che operano su base temporary. La ricerca offre un quadro completo su un’attività che, nata intorno agli anni ’80, si è sviluppata moltissimo in Europa in questi ultimi cinque anni.
In che cosa consiste questo tipo di attività? Secondo Wikipedia «per temporary management si intende l’affidamento della gestione di un’impresa o di una sua parte a manager altamente qualificati e motivati, al fine di garantire continuità all’organizzazione, accrescendone le competenze manageriali già esistenti, e risolvendone al contempo alcuni momenti critici».
Insomma, si tratta normalmente di un incarico di breve durata che permette alla società che vi ricorre di superare momenti di difficoltà, presumibilmente temporanei, tramite l’affidamento delle principali decisioni di gestione a un manager proveniente per lo più dal settore in cui opera l’azienda. In altri casi invece è proprio il ricorso ad esperti provenienti da settori diversi a permettere l’adozione di quelle politiche di innovazione che il management esistente non riesce ad implementare.
Le situazioni nelle quali un temporary manager può dare il meglio di se stesso sono le più disparate: spesso si tratta di gestire per un paio d’anni un passaggio generazionale e permettere all’erede designato dalla proprietà di confrontarsi con un professionista esterno, svincolato dalle giuste o sbagliate tradizioni aziendali: nel rispetto dei valori creati dai predecessori, quando il nuovo amministratore delegato si affianca a un collaboratore formato in una realtà diversa, può essere portato a valutare con maggiore obiettività altre scelte possibili o nuove direzioni sulle quali indirizzare le strategie future.
In altri casi l’azienda può trovarsi di fronte a ostacoli obiettivamente difficili per i dirigenti, ma non insormontabili se si ricorre all’aiuto di un manager dotato di flessibilità, creatività e competenza. Secondo la Fondazione Istud «protagonisti di questo trend in crescita sono senior project manager, ex-dirigenti o top manager che hanno deciso di proseguire la propria carriera non tanto seguendo l’iter gerarchico aziendale, bensì sulla base di progetti sempre più sfidanti».
Ciò che ulteriormente caratterizza i temporary managers è la disponibilità, o ancor meglio, l’attitudine ad affrontare sempre nuove tematiche non solo nell’ottica di una sfida da affrontare, ma anche nella convinzione di poter essere veramente utili alle aziende e nella capacità di migliorare di volta in volta la propria visione d’insieme dei mercati.
È del 1991 il primo testo sul temporary management: “Contract Manager: Direttore Generale Affittasi” a cura di Angelo Vergani (Ed. Franco Angeli). È proprio con lui che commentiamo i risultati della ricerca presentata pochi giorni fa da Transition Management Group.
Uno degli aspetti più importanti che caratterizzano l’attività di temporary management in Italia è costituito dall’elevata età media dei managers (la cosiddetta “seniority”). Infatti è ben l’82% dei temporary managers italiani ad avere più di 50 anni, rispetto al 58% del dato europeo. Forse questo significa che in Italia c’è ancora grande rispetto per l’esperienza guadagnata sul campo, mentre in altri Paesi europei è più marcata l’attitudine dei managers più giovani a mettere in gioco la propria professionalità a vantaggio di più aziende.
In Italia hanno utilizzato temporary managers prevalentemente aziende di piccola e media dimensione (fatturato nel primo caso fino a 10 milioni di euro, nel secondo caso compreso tra 10 e 50 milioni di euro): si tratta del 63% in Italia contro il 45% in Europa. I gruppi multinazionali e le consociate di gruppi multinazionali rappresentano il 10% in Italia e il 27% in Europa.
Entrando nel dettaglio, l’attività è più richiesta nel settore industria (70% in Italia contro il 58% in Europa) mentre il comparto servizi costituisce soltanto il 23% in Italia e il 33% in Europa. Il 48% dei temporary managers ha avuto incarichi superiori ai 12 mesi in Italia, contro solo il 34% in Europa. Incarichi compresi tra 1 mese e 6 mesi sono in Italia solo il 21% contro il 30% in Europa.
L’unico dato un po’ controtendenza sta nell’apprezzamento che soggettivamente i managers intervistati attribuiscono al livello di soddisfazione che traggono dai loro incarichi: l’attività è considerata dal 78% dei manager italiani stimolante, il che comunque è un dato molto positivo. Ma in questo campo il valore medio europeo è dell’ 84%. Evidentemente, in Italia il coinvolgimento personale è meno sentito o forse le situazioni da gestire sono più complicate e ci si può scontrare con problemi non sempre piacevoli.
Angelo Vergani, Amministratore Unico di Contract Manager, la società che ha svolto l’indagine per la parte italiana, afferma che «quanto è emerso lascia ampi spazi di manovra per lo sviluppo del temporary management sia in Italia che all’estero. Sempre maggiore sarà l’importanza delle aziende specializzate, nonostante la centralità che, in Italia, ancora rivestono i contatti personali. Le aziende hanno bisogno di professionalità e di specializzazione. È sempre più difficile individuare le risorse giuste in tempi rapidi».
Paolo Brambilla