ECCO I MANAGER IN AFFITTO – Adesso le aziende si affidano ai “professionisti a tempo”

Corriere della Sera
Enzo Riboni
2 luglio
2004

Enrico Bondi è il più famoso dei temporary manager (Tm). Lui, forse, non si è mai definito così, ma negli ultimi dieci anni non ha fatto altro: il dirigente in prestito che salta da un’azienda all’altra. Si è conquistato la fama di risanatore prima con Montedison (93), poi con il gruppo Lucchini (2002) e ora con Parmalat.
Ma non è solo un fatto da outsider di lusso, perché quella del manager a tempo (o a contratto) è una professione che sta prendendo piede tra dirigenti ex dipendenti d’azienda, sia che lavorino per conto di società dedicate, sia che si muovano come free lance.

Inoltre l’esempio di Bondi non deve portare fuori strada, perché il Tm non è solo una professione da respirazione bocca a bocca per imprese in difficoltà. Né t meno un’attività da brutali tagliatori di teste: l’azienda si ristruttura e il dirigente esterno privo di scrupoli, che non ha legami con il personale, licenzia sena rimorsi. In realtà il Tm interviene su un largo spettro di problematiche: passaggio di proprietà, successione generazionale, copertura di vuoti manageriali, creazione di nuove linee di business, fusioni aziendali, lancio di nuovi prodotti, ingresso sui mercati esteri, gestione di progetti mirati.

“Effettivamente – spiega Angelo Vergani, amministratore unico di Contract Manager – è proprio quella del progetto la filosofia del moderno dirigente in prestito. La definizione di manager a tempo, invece è troppo restrittiva”.
Contract Manager è una delle società pioniere del settore in Italia, fondata da Angelo Vergani nel 1989. “Il temporary manager – aggiunge – non è più solo tempo, perché la sua funzione di riempimento di un vuoto non è la più gettonata. Lo si chiama soprattutto per gestire progetti, per realizzare un cambiamento”.
Sull’argomento concorda Guido Tarizzo, amministratore delegato e partner di Eim-Executive interim management, società che faceva capo a Egon Zehnder (tra i leader della caccia di teste) ma che ora è di proprietà degli 11 partner mondiali. “Per togliere l’enfasi della temporalità – spiega – continueremo a chiamarci Eim, ma non daremo più all’acronimo il significato di interim”.

Nei 15 anni della sua esistenza in Italia, il temporary è progressivamente cresciuto, ma non è esploso con in altri paesi europei, tipo Olanda o Regno Unito. Tanto che sono solo quattro le società che trattano quasi esclusivamente “dirigenti in affitto”, mentre crescono le società di consulenza e i cacciatori di teste che offrono anche manager a tempo. E’ indispensabile al proposito chiarire come consulenza e temporary differiscano per un fatto fondamentale: il Tm possiede tutte le deleghe operative per gestire l’azienda o parte di essa, il consulente è solo un consigliere dei manager interni. Quanti siano invece i dirigenti che, non più dipendenti, operino come Tm free lance, non è quantificabile.

Il professionista del temporary, nel passato, è stato spesso un pensionato o un dirigente che ha dovuto separarsi dall’azienda. Oggi, molto sta cambiando. “Dieci anni fa – spiega Tarizzo – l’età media di un Tm era di 55-60 anni, oggi è tra i 45 e i 50”.

Enzo Riboni