Sono le “teste di cuoio” del risanamento aziendale, i marines che rimettono in sesto le piccole e medie industrie in crisi. Il loro ruolo è anche quello del prezioso consigliere, dell’uomo che rende “soffice” la successione fra padre e figlio o fra zio e nipote al timone dell’impresa di famiglia. Ma soprattutto sono dei manager esperti, gente con molti anni di esperienza dietro le spalle che ha deciso di cambiare mestiere. Nasce così il “direttore generale in affitto”. Un professionista che accetta la sfida di un incarico a termine di uno due anni al massimo. In America non è una novità. Da decenni esistono società attive nella ricerca e nell’offerta di “manager a contratto”, personale specializzato in grado di risolvere i problemi delicati posti dall’alta direzione d’impresa. Qui da noi la situazione è diversa. In passato non c’era nulla o quasi. Da qualche tempo, però, con molta discrezione, sia Egon Zehnder che Tim, offrono un servizio simile. Tuttavia è con Cast (Centro analisi strategiche), una società di consulenza costituita da docenti ed ex docenti della Bocconi, manager e ricercatori, che il ruolo del direttore generale in affitto si è evoluto fino ad essere il perno di una sorta di “centro di rianimazione” per le aziende afflitte da gravi problemi di gestione. In effetti l’esperienza del “management contract” proposta da Cast nasce proprio negli Stati Uniti dove la società ha aperto una controllata nel 1984 a Los Angeles. “Ci siamo subito accorti – racconta Angelo Vergani, assistente alla Bocconi e responsabile del servizio all’interno di Cast – che si poteva creare un mercato del tutto nuovo anche da noi in Italia”. Una intuizione esatta. L’anno dopo, in sordina, cominciò la nuova attività. Il primo caso di una certa rilevanza che la task-force di Cast si trova ad affrontare è quello di una azienda del settore grafico e fotografico. Si trattava di un piccolo disastro. Ecco le cifre: cinque milioni di fatturato, 70 dipendenti e quattro anni di perdite d’esercizio oscillanti fra il 5 e il 10 per cento del giro d’affari Una situazione aggravata dalla progressiva perdita di competitività dovuta ai prezzi troppo alti e alla scarsa qualità della produzione. A completare il quadro contribuisce la proprietà costituita da due fratelli non più giovani che dopo aver creato la fabbrichetta negli anni ’60 non riescono ad adeguarsi alla mutata situazione del mercato. Quanto agli esponenti della nuova generazione, sono relegati a ruoli subalterni. All’inizio del 1996 la situazione precipita. Peggiorano sia il prodotto che il servizio a causa della carente manutenzione degli impianti. I collaboratori migliori se ne vanno e per la prima volta mancano i mezzi finanziari per far fronte alla gestione corrente. Le conseguenze sono drammatiche: blocco delle forniture e minaccia di fallimento. A questo punto uno dei principali fornitori suggerisce ai due proprietari di ricorrere a Cast. Ecco come è andata. La task-force della società di consulenza fa un rapido check-up sullo stato di salute aziendale coordinato da Alberto Crosti, ex amministratore delegato di alcune aziende del gruppo Snia-Fibre. Il verdetto è positivo, l’azienda è infatti risanabile ad alcune condizioni: 1) cambio del management con assegnazione di tutte le responsabilità come amministratore unico ad un esponente della nuova generazione. 2) Ingresso con il ruolo effettivo di direttore generale dello stesso Crosti che oltre a gestire il rilancio della società sarebbe stato un po’ il “tutore” del giovane neoamministratore. 3) Un apporto finanziario da parte dei due soci per pagare le liquidazioni al personale esuberante. I proprietari accettano le condizioni. D’altra parte l’unica alternativa era quella di chiudere. A questo punto il compito del nuovo direttore generale in affitto entra nel vivo. Crosti, d’accordo con il nuovo management, vara il piano di risanamento della società. Il suo impegno nell’azienda è quasi a tempo pieno (2-3 giorni alla settimana). Ma ancora maggiore risulta il coinvolgimento nella riuscita dell’operazione. E non solo per il gusto di vincere la sfida. D’altronde la retribuzione del direttore generale in affitto risulta generalmente composta da due elementi. Il primo è legato alla prestazione professionale, mentre il secondo dipende dai risultati che otterrà. E si tratta di risultati che vengono fissati in maniera precisa al momento della sigla del contratto d’ingaggio. Il piano presentato dal direttore generale in affitto non ha nulla di taumaturgico. È semplicemente composto da una serie di misure tipiche di quando bisogna risanare un’azienda in crisi a cominciare da un severo taglio all’occupazione. Ma attenzione: chi propone queste scelte ad una piccola impresa è un manager di solida esperienza abituato a governare grandi imprese. È un po’ come mettere un pilota di formula uno alla guida di un’utilitaria. Un buon pilota si diverte anche con la Panda, per lui si tratta quasi di un gioco. Per tutti questi motivi quando Crosti illustra le sue proposte alle banche e ai creditori ottiene fiducia. Gli istituti di credito e i fornitori sono ben contenti da una parte di riavere i loro soldi e dall’altra di finanziare un progetto credibile presentato da persone affidabili. Ad ogni modo la piccola impresa del settore fotografico viene rivoltata come un guanto. Il mix dei prodotti è modificato sulla base della redditività, alcune lavorazioni sono affidate a terzi e tutta l’organizzazione aziendale viene rivoluzionata mentre la rete di vendita è trasformata da diretta ad indiretta con l’utilizzazione di agenti invece che di dipendenti. Nel giro di 8 mesi, un anno, la trasformazione risulta completata. I collaboratori più validi sono stati motivati, la qualità del prodotto e del servizio migliorata anche grazie all’adozione dei circoli di qualità e l’occupazione ridotta a 41 unità senza perdita di fatturato. A marzo del 1987, quindi, tutti gli obiettivi proposti dal piano sono stati raggiunti: gli investimenti indispensabili alla sopravvivenza della società risultano ormai effettuati e la piccola azienda è in grado di guardare con maggior tranquillità al suo futuro. Già da quest’anno, infatti, è previsto il raggiungimento del pareggio del conto economico. A questo punto il compito del direttore generale in affitto se non terminato è sulla strada della sua conclusione. I due anni di “stage” hanno maturato la capacità del giovane amministratore unico ed oggi la consulenza di Cast risulta di tipo più tradizionale rispetto alla fase calda. Certo, bisogna ancora aumentare il fatturato e installare un controllo di gestione che permetta di valutare l’andamento dell’impresa. Tuttavia si tratta di problemi che possono essere gestiti anche con il solo intervento esterno. Non mancano le piccole e medie imprese che debbono essere solamente “riorganizzate”. È la situazione di una fabbrica di biciclette con 10 miliardi di giro d’affari che va bene e vanta di un ottimo prodotto. Per fortuna l’imprenditore ha capito che lo sviluppo della società imponeva l’abbandono di metodi e pratiche ancora legate ad una gestione familiare. In questo caso il check-up preliminare di Cast si è appena concluso evidenziando la mancanza di una contabilità industriale e l’esigenza di un efficace controllo di gestione. Ancora più complessa la situazione di un cantiere specializzato nella produzione di motoscafi. Buono il prodotto, manca tutto il resto. La proprietà, infatti, non si occupa della gestione e ha quindi sentito l’esigenza di “raddrizzare” l’impresa in attesa di trovare il management definitivo. Al futuro direttore generale (probabilmente Antonio Nazzari, ex direttore generale della Scac, una società operante nel settore del cemento) spetterà il compito di creare il marketing, costruire il budget, risolvere i problemi amministrativi come la sistemazione della contabilità ed impostare la gestione della liquidità. Senza contare i rapporti con i sindacati e l’organizzazione del lavoro. Insomma, bisognerà mettere in piedi una azienda in circa 12-18 mesi. Non bisogna credere che un direttore generale in affitto sia in grado di risolvere ogni caso che si presenti. Anche in questo campo contano la specializzazione e le inclinazioni personali. Gli esperti individuano tre figure fondamentali. Il tagliatore di teste – È il risanatore per eccellenza. Si tratta del personaggio che rivoluziona l’azienda dall’interno eliminando i lavoratori in eccesso e che contemporaneamente aggredisce il mercato con grinta. Il tutore – A lui spetta il compito di far crescere il figlio dell’industriale. È infatti lo specialista della successione imprenditoriale. Calmo, posato, paterno, all’occorrenza è in grado di fare scelte improntate ad estrema durezza. Il contafagioli – Si tratta dell’uomo della riorganizzazione. Si trova particolarmente a suo agio nel gestire il passaggio dall’impresa a carattere familiare alla moderna organizzazione di tipo manageriale. Attualmente la task-force di Cast è composta da Crosti, Nazzari e dallo stesso Vergani. Fanno parte del gruppo anche Paolo Borzatta, ex direttore marketing della Dalmine, Gianmario Molteni, ex direttore generale della Deltasider, Alessandro Sinatra, responsabile dell’area strategica Sda-Bocconi. Senza contare i consulenti come il professor Vittorio Coda della Bocconi. Numerosi, inoltre i manager in panchina. Si tratta di un gruppo di dirigenti disposti a lasciare il loro lavoro per tentare l’avventura di un mestiere più divertente e certamente meglio pagato di quello attuale.
Giorgio Lonardi