Tra le soluzioni che si cominciano ad intravvedere per una possibile ripresa dell’occupazione, appare sempre più protagonista la prospettiva del lavoro a tempo. Da un lato si notano primi segni di vitalità nelle opportunità del lavoro in somministrazione da parte della Agenzie, rivolte al pubblico più vasto; dall’altro lato si avvertono alcune tendenze che poss no coinvolgere, a un livello più qualificato, il lavoro di dirigenti e quadri. Una di queste tendenze è quella del Temporary management o del Contract management, a cui è stato dedicato un affollato dibattito alcuni giorni fa nella sede dell’Aldai a Milano. Dalla discussione, a cui hanno partecipato Giorgio Ambrogioni, presidente nazionale Federmanager, Eliana Grossi, presidente Fondazione Idi, Angelo Vergani, Amministratore delegato di Contract manager, Danilo Maffini, professionista nel temporary management, Aldo Buratti, presidente di Uniontessile Confapi, e Roberto Brambati, di Aldai, moderata dal giornalista Walter Passerini, sono emersi diversi aspetti critici sul tema. Innanzitutto, si è ravvisata la necessità di evitare lo spreco di risorse umane qualificate, che vede coinvolti gli stessi dirigenti, vittime dei processi di riduzione del personale e di ristrutturazione aziendale in corso. Molti hanno sottolineato l’opportunità che i manager che hanno perso il po- sto di lavoro possano trovare forme di reimpiego in particolare nelle piccole e medie imprese, che hanno un elevato biso- gno di crescere in managerialità e competitività.
Si sono poi sottolineate alcune delle stra- de che si possono aprire ai manager rimasti senza lavoro. Molti di essi hanno di fronte la strada della consulenza, delle libera professione, del commercio, del lavoro autonomo e imprenditoriale, ma alcuni di essi, come si è sottolineato, possono
trovare nel Temporary management una possibile strada di ricollocazione professionale, ad alcune condizioni. Il manager a tempo non è infatti un consu- lente qualunque, ma un vero e proprio professionista-imprenditore, che si assume la responsabilità di raggiungere determinati risultati aziendali in un certo lasso di tempo (24-36 mesi). È un manager “del terzo tipo”, né consulente a ore né imprenditore tout court.
La società che lo rappresenta e che lo “offre” sul mercato funge da agente della ri- sorsa e da supporto tecnico-scientifico, nelle missioni che sono state prese in carico. Ma il contract manager si assume per- sonalmente l’onere e l’onore del raggiungimento degli obiettivi e la responsabilità necessaria, attraverso il sistema delle pro- cure.
Le casistiche più diffuse che richiedono l’intervento del manager temporaneo sono que le del lancio di un nuovo business, del turnaround, di una nuova iniziativa, ma anche della gestione di una fase di passaggio aziendale, come per esempio quella della successione, imprenditoriale e manageriale.
Nel dibattito si è anche chiarito che cosa non è il temporary manager: non è un mercenario del mordi e fuggi o un tuttofa- re, è invece interessato alla longevità del- l’azienda ed è coinvolto nel progetto. Non tutti i manager possono avere le caratteri- stiche personali e professionali per essere un buon temporary manager. Anzi, questa professione, che ha un ciclo di vita ormai ventennale in Italia, come ha sottolineato Vergani, autore del primo libro italiano sull’argomento (1990) e padre fondatore di questa attività, è adatta a persone dinami- che e fortemente motivate, che intendono sperimentarsi in una nuova avventura professionale, accettando la sfida di risollevare un’azienda in difficoltà.
Gualtieri Toscani (FEDERMANAGER)