L’uscita dal business può avvenire in diversi modi e in diverse fasi della vita aziendale, ma la variabile più critica e condizionante è sicuramente il tempo di uscita.
Naturalmente, la cosa migliore sarebbe uscire dal business quando l’azienda è in buona salute, ben organizzata e operante in un mercato che ha ancora spazi di crescita. In quel momento l’imprenditore, individuale o organizzato in forma societaria, ha la possibilità di scegliere la via di uscita più soddisfacente per sé e per la sua impresa; in molti casi deve solo accontentarsi di vincere e non pretendere, per esempio, un corrispettivo eccessivo per la cessione dell’azienda.
Bisogna evitare di essere “costretti” a uscire dal business e rimanere quindi sempre nelle migliori condizioni per poterlo fare. All’opposto, molte volte uscire da un’azienda in piena crisi non è nemmeno possibile, oppure è possibile solo attraverso un concordato o un fallimento.
Per tanti motivi, però, ed è il caso più frequente, ci si riduce a uscire dal business quando l’azienda è in crisi. In tale ipotesi la prima cosa da fare è sottoporre l’azienda a un check up.
Il check up, attività che Contract Manager ha sviluppato e messo a punto nel tempo, è uno strumento di analisi molto potente che consente, in poco tempo, di fare una fotografia dell’azienda in un determinato momento (visione sincronica) e di ricostruire nel tempo le chiavi del successo aziendale e le cause della crisi (visione diacronica).
Si prende in esame il mercato di riferimento e i suoi attori, il prodotto o il servizio offerto dall’azienda, l’organizzazione aziendale, la sua capacità di generare reddito, la struttura finanziaria. Non vengono trascurati anche taluni aspetti più “soft”: il clima aziendale, la motivazione dei collaboratori, lo stile di leadership, la cultura aziendale.
Con il check up è possibile stabilire quindi se ci sono le condizioni , anche in una situazione di crisi, per uscire dal business “in bonis”.
In tanti casi infatti, pur in presenza di una importante crisi aziendale, è ancora possibile:
1. Chiudere o cedere uno o più rami di azienda meno profittevoli per riequilibrare i conti aziendali e procedere successivamente a un’uscita dal business non traumatica.
2. Chiedere e ottenere un minimo apporto di mezzi propri all’imprenditore o a un terzo finanziatore per fare gli interventi organizzativi o gli investimenti necessari per rendere ancora vendibile l’azienda.
3. Promuovere un’aggregazione con altri operatori del mercato (concorrenti, fornitori) per ottenere sinergie, economie di scale, risparmi di costi, quote di mercato; in definitiva il rilancio aziendale finalizzato a una business exit.
Uscire dal business in situazione di crisi è possibile però, dopo avere accertato che la situazione finanziaria non è irrimediabilmente compromessa, se si riesce a fare leva su qualche importante “fulcro”: l’eccellenza del prodotto/servizio, l’immagine aziendale, la forza commerciale; solo così si riescono a catalizzare gli interventi per risolvere le criticità aziendali (organizzative, finanziarie, gestionali) e rendere di nuovo l’azienda “appetibile”.
Bisogna lavorare con competenza per evitare di essere costretti a uscire dal business: anche in situazione di crisi, è ancora possibile fare tanto per consentire una adeguata “business exit”.
Gabriele Aldeghi
Partner