Fa bene alla creatività e al team
Si è già detto molto sul tema dello smart working ma ancora non ci sono state parole definitive. Perché si parla con insistenza di tornare a lavorare in azienda? Partiamo dall’inizio.
La pandemia ha obbligato tutti a sperimentare, per un periodo anche significativo, il “remote working” ovvero il lavoro a distanza; è banale e scontato dire che, in un periodo di emergenza, ciò abbia consentito a molti di proseguire le proprie attività evitando peggiori conseguenze. Ora, più a freddo si può provare a fare il punto della situazione.
Oggi la sfida è passare da “remote working” a “smart working“. Mi pare di poter dire che nessuno, in prospettiva, vorrà e potrà rinunciare a sfruttare i vantaggi di un giusto mix tra il lavoro in ufficio e il lavoro a distanza, avendo più chiari, oggi, quali siano i vantaggi e quali i limiti dell’uno e dell’altro.
La discussione è e sarà su quante giornate i propri dipendenti e collaboratori sarà opportuno lavorini dall’ufficio e quante da remoto, prevalentemente dalla propria abitazione. Un equilibrio che sarà diverso da organizzazione a organizzazione, da funzione a funzione e probabilmente da individuo a individuo. Ovvio che in una fase iniziale prevarranno le soluzioni più tranchant, per semplicità organizzativa e procedurale (es. 2 giornate di lavoro da remoto e 3 giornate dall’ufficio) ma è un processo che è destinato poi nel lungo periodo a perfezionarsi in una logica di massimizzazione sia dell’efficienza organizzativa che della soddisfazione di dipendenti e collaboratori.
I vantaggi per tornare a lavorare in azienda
Su quali siano i vantaggi di lavorare a distanza si è già detto molto. Mi pare interessante, in questo momento, soffermarci invece sui vantaggi di continuare a lavorare a stretto contatto con la comunità della propria azienda.
Vi sono ormai consolidati studi, uno in particolare svolto da una primaria società di comunicazione globale, che ha verificato come lavorando a distanza le spinte all’innovazione e alla creatività si siano significativamente ridotte, se non in alcuni casi “spente” completamente.
Per una società che vende “creatività”, è ovviamente una constatazione particolarmente importante, ma non possiamo dimenticare che ormai qualunque organizzazione ha necessità di essere innovativa e di avere una costante spinta al cambiamento che non ci si può permettere di perdere: decisamente oggi un vantaggio competitivo di primo piano.
A questo si aggiunga che il senso di appartenenza, l’identità dell’organizzazione, la comunità, escono ammaccate e ferite dall’esperienza della pandemia. È apparso chiaro a tutti come le relazioni e il senso di lavorare insieme si perdano senza il lavoro in presenza, in team, con i colleghi.
Altro elemento chiave da considerare, nel momento in cui si deve valutare il giusto equilibrio tra lavoro remoto e in presenza, è la formazione permanente, che solo il lavoro fianco a fianco con i colleghi può garantire. Penso che nessuno con una significativa esperienza di lavoro abbia bisogno di spiegazioni; è chiaro a tutti come stare tra i colleghi consenta di crescere professionalmente come poche altre attività possano fare. Lavorare, in presenza, è anche “imparare”. Non possiamo che menzionare a tal proposito anche processi, quali l’on-boarding e le attività di mentoring, che ovviamente, pur se gestibili anche a distanza, risultano particolarmente efficaci se realizzate in presenza.
Cosa sta accadendo nelle aziende?
JP Morgan dal 21 di giugno ha già fatto sapere a tutti i suoi collaboratori di attendersi il rientro in ufficio, almeno per una parte significativa della settimana. Jamie Dimon (CEO JPM) ha già dato un’indicazione precisa anche sui numeri: “non più del 10% delle attività svolte da remoto”, aggiungendo, in una lettera agli azionisti, che: “il lavoro da remoto può drammaticamente mettere in pericolo il carattere e la cultura di un’organizzazione”; “il lavoro a distanza elimina, virtualmente, l’apprendimento spontaneo e la creatività”. Ricordiamo a tal proposito che in altri tempi, qualche anno fa, IBM e Yahoo, “early adopter” del lavoro da remoto, tornarono sui loro passi per un approccio più equilibrato. Anche Google, da settembre, richiederà il rientro per almeno tre giorni la settimana e nel più lungo termine, come nella sua tradizione, consente un massimo di 14 giornate/anno di WFH (work from home), fatti salvi diversi accordi tra collaboratore e responsabile. Apple prevede il lavoro dall’ufficio per almeno tre giorni su cinque. Per i restanti due giorni si potrà scegliere dove lavorare. Microsoft ha stabilito, peraltro da tempo, che lo standard sarà 50% e 50%, a meno che non vi sia diverso ed esplicito accordo tra il manager e il collaboratore per effettuare fino al 100% delle attività in remoto.
Come saranno gli uffici post Covid-19?
La riduzione della dimensione degli uffici consente risparmi anche significativi alle aziende, risultando spesso una delle prime voci nella lista dei possibili risparmi. Le previsioni sul tema sono controverse, alcuni sostengono che in realtà non ci sarà riduzione, altri invece che potrà attestarsi intorno al 20% o anche maggiore.
In realtà, il professore dell’Harvard Business School Raj Choudhury, spesso porta esempi di società, prevalentemente tecnologiche, che sono riuscite con successo a impostare le proprie attività “full remote” con significativi benefici in termini di costi operativi. Sempre lui sottolinea come il segreto di questi successi sia stato anche il processo decisionale. Alla fine, non sono stati né i vertici delle aziende, né gli individui a decidere se lavorare in remoto o lavorare dall’ufficio, ma sono stati i team.
Non possiamo neanche dimenticare che una strategia full remote può facilitare l’inclusione nell’organizzazione di collaboratori che sono dislocati in luoghi con costo della vita più basso di quello dove è situato l’ufficio, con potenziale reciproco vantaggio per l’azienda e per il collaboratore nella definizione di un equilibrato livello retributivo.
Ultima, ma non meno importante, considerazione e domanda che ci dobbiamo porre è se le opportunità di carriera saranno le stesse per le persone che daranno priorità al lavoro in presenza, con un contatto più frequente e approfondito con i propri capi, in confronto a chi avrà invece deciso di privilegiare il lavoro da remoto.
Conclusioni
Insomma, per concludere, ogni organizzazione deve e dovrà cercare una sua specifica via per raggiungere la massima efficacia e il migliore equilibrio, facendo tesoro dell’esperienza maturata in questo anno che è stato un periodo di “eccezionale” sperimentazione. Come sempre, chi farà meglio sarà chi sceglierà una “personale” e originale soluzione senza farsi troppo influenzare dai competitor o dal dibattito mainstream.
Fabrizio Benassi
Senior Manager
Contract Manager – Milano