Se guardassimo molto indietro nel tempo, potremmo cogliere una similitudine con il terribile periodo che stiamo attraversando. Ogni evento scioccante del passato ha determinato un cambio nella coscienza collettiva e ha alterato per sempre molti aspetti della società.
È così anche con il Covid-19, che in breve ha imposto nuove regole, motivate dal disagio psicologico che a sua volta ha modificato i modelli sociali di comportamento. L’economia sta accusando il colpo e cerca un nuovo equilibrio, non solo per sopravvivere alla pandemia, ma soprattutto in vista della sua felice conclusione.
Si parla di cambio di paradigma commerciale per sottolineare il mutato atteggiamento dei consumatori che all’improvviso e in massa, si sono rivolti a un canale distributivo differente rispetto a quelli praticati fino a poco tempo prima.
È proprio così? È stato solo il virus a portare milioni di persone a rivolgersi all’online? Senza voler negare l’evidenza, ormai storica dei fatti, è bene ricordarci della portentosa tendenza di crescita dell’e-commerce e dell’utilizzo smodato della pubblicità nei social network ben prima del 2020.
La lezione da imparare del disruptor
La tendenza alla digitalizzazione era in atto da tempo e aveva già messo in difficoltà i modelli di business legacy, la crisi pandemica ha agito come un acceleratore. Le aziende piccole, medie o grandi hanno assunto a minuscole dosi questa tendenza, preferendo insistere e continuare a investire nel potenziamento delle leve commerciali tradizionali.
Per anni si è parlato di crisi delle imprese e contemporaneamente di esplosione dei fatturati legati all’e-commerce o in generale al mondo dell’online. Senza volere essere riduttivi, appare oggi chiaro a tutti che lo scambio commerciale non solo nel B2C, si è spostato rapidamente verso uno strumento più smart ed efficiente.
Ad essere rivoluzionaria, in questo cambio di paradigma, è la brutalità che non poteva che cogliere di sorpresa coloro che guardavano al cambiamento con il metro degli anni anziché delle settimane.
C’è di più. Chi proviene da anni di studi di marketing sa quanto sia importante l’individuazione di precisi target di consumatori. Anche in questo caso i luoghi comuni del passato sono stati spazzati via, al punto che oggi nemmeno nella letteratura si trovano le tracce del “new normal”.
Comprendere i trend per trarne vantaggio
Per capire con semplicità perché il marketing digitale sia diventato così preponderante rispetto al marketing tradizionale basta domandarsi quanto tempo oggi le persone passano in internet o sui social.
In senso generale il marketing riguarda il legame che c’è tra il target di riferimento, il posto giusto e il momento giusto in cui comunicare.
Il marketing offline diventa sempre meno efficace proprio perché la tv è stata sostituita dallo smartphone e così è accaduto anche allo shopping, ma c’è di più. Come al solito, quando si generano fenomeni di ampiezza mondiale possiamo star certi che il comportamento sociale sia mutato.
La tv è sempre accesa, come anche le strade e i centri commerciali sono molto frequentati, ma come si comportano le persone nel mentre? Guardano i social, chattano, fanno le foto per costruire le stories, spiano l’influencer per scegliere i vestiti, il cibo e chissà cos’altro ancora.
Il CoVid ha illuminato questo comportamento e reso unico il modo, il momento e il mezzo per raggiungere la platea dei consumatori.
Passata la buriana, che speriamo non si ripresenti mai più, le aziende si trovano di fronte al dilemma se tuffarsi nel mare del digitale oppure rimanere ancora un po’ in porto. Qual è lo strumento che hanno a disposizione per prendere la decisione corretta nel momento giusto?
In gergo tecnico si chiama tasso di conversione. Gli imprenditori e i manager più attenti, già prima del Covid, hanno alzato le antenne sulla resa della comunicazione offline. Gli investimenti pubblicitari negli ultimi anni sono tendenzialmente aumentati per ottenere su per giù gli stessi fatturati.
Non è così in tutti i settori ma la maggior parte ha registrato andamenti costanti di crescita. Come detto, la visione del futuro digitale era abbastanza nota a tutti, il tema quindi non era quando passare al digitale ma come farlo mantenendo o crescendo con i fatturati.
All’arrivo della pandemia le aziende che non avevano prestato attenzione alle crescenti difficoltà di performance si sono trovate commercialmente isolate.
Come porre rimedio per rimotivare fatturati e collaboratori
Il passaggio dal tradizionale al digitale non è, come si potrebbe pensare, un tuffo nel vuoto ma avviene con gradualità. Allo stesso tempo è bene dire che non si attua comprando una competenza sul mercato, ma acquisendola solo dopo averla compresa e plasmata.
In questo comportamento sta la differenza tra tradizionale e digitale. Un prodotto per essere venduto attraverso i canali tradizionali deve essere presentato e valorizzato alla massa dei consumatori affini (il target di riferimento). Nel digitale questa attività si rivolge al singolo individuo che ha mostrato già un interesse (il prospect).
Ogni singola azienda affronta i prospect con strumenti digitali più o meno uguali, ciò che cambia è la costruzione del funnel (imbuto o stadi di avanzamento), attraverso il quale far passare il prospect per trasformarlo in consumatore.
È solo il processo di continua ottimizzazione di prova ed errore che infine fa giungere alla costruzione del proprio funnel commerciale.
Diamo un’occhiata al comportamento del consumatore in ambito digitale per comprendere il numero di variabili in atto. Il potenziale cliente sa di avere molti più strumenti a disposizione rispetto a quelli che avrebbe recandosi in uno store:
- Può verificare il miglior prezzo in assoluto
- Può leggere l’opinione di altri consumatori sullo stesso prodotto
- Può approfondire aspetti particolari talvolta imprevedibili
In breve, può prevedere il futuro, ha il potere di conoscere il suo livello di soddisfazione in relazione alle sue aspettative, l’unica cosa che non può fare è toccare il bene.
Il tradizionale è quindi ancorato al concetto di materialità dell’oggetto venduto, l’online alla capacità di approfondimento e di scelta consapevole.
Abbiamo sintetizzato molto i concetti ma crediamo siano sufficienti a far comprendere quale sia l’importanza di iniziare progetti di digitalizzazione con specialisti e facendo crescere il proprio know-how che deve essere compreso e ben radicato all’interno dell’azienda.
Il mondo dell’online è molto fluido, competenze acquisite con fatica fanno in fretta a passare ai concorrenti. Il funnel è una potente barriera all’entrata e va costruita con pazienza, salvaguardata e rinnovata.
Affideresti il fatturato a un fornitore esterno senza aver in mano il know-how? Certamente no eppure è ciò che succede anche in realtà di medie e grandi dimensioni.
Il mondo dell’online è ancora un mistero per molti imprenditori e manager, ma è venuto il momento di uscire per sempre dall’era dell’analfabetismo digitale.
Redazione
Contract Manager