Viaggiare per il mondo fa bene in generale, ma fa molto bene a noi italiani. Fa capire quanto siamo conosciuti e amati in ogni angolo del globo. L’Italia è una nazione che occupa una superficie di 300 mila chilometri quadrati con circa 60 milioni di italiani. Altrettanti ce ne sono in giro per il mondo tra emigrati e figli di emigrati. Diciamo 120 milioni di italiani in totale su 6 miliardi di persone. Un numero irrisorio ma con un’incidenza sul mondo intero ben più grande del suo peso specifico. L’Italia è amata e conosciuta. I suoi prodotti hanno cambiato usi e costumi in quasi tutti i continenti. Il 50% del patrimonio artistico e architettonico si trova in Italia. Molti sono gli scienziati italiani che ricoprono posizioni di vertice nelle più prestigiose università e contri di ricerca del mondo. Abbiamo eccellenze nel mondo del design, della moda, della meccanica, dell’impiantistica, nell’automobile, nell’architettura, dell’arredamento, della motocicletta e in tanti altri settori. Siamo spesso il punto di riferimento per moltissime imprese e consumatori in giro per il mondo.
Ebbene di queste eccellenze ci accorgiamo solo quando siamo fuori dall’Italia, quando siamo lontani dal piagnisteo collettivo tipico di molti italiani. Ci accorgiamo di quanto in giro per il mondo ci amino. Ci accorgiamo che moltissimi dei prodotti che vediamo sono fintamente italiani, hanno nomi italiani impronunciabili, accostamenti di nomi, marchi colori che non hanno nulla che spartire con il nostro gusto estetico e la nostra modernità e la nostra classicità. Eppure sfondano, conquistano consumatori, si fanno spazio sui mercati mondiali senza avere il benché minimo contenuto di italianità vera. E ciò è particolarmente evidente nel settore alimentare e della ristorazione. I tricolore si vede ovunque: sui marciapiedi, fuori dai ristoranti, sulle etichette dei prodotti: gelato e pizza, pasta e sughi, olio e aceto, giacche e pantaloni, maglie e magliette, borse e cinture e via dicendo.
In giro per il mondo c’è una grande voglia di italianità. E noi cosa facciamo? Due cose: innanzitutto lasciamo gli spazi ai furbi che millantano italianità e inquinano il nostro brand con prodotti non all’altezza; in secondo luogo non siamo capaci di sfruttare questo trend internazionale.
Un esempio di successo dello sfruttamento di questa voglia di italianità l’ha dato la Nestlè con l’acqua San Pellegrino, marchio fascinoso e italianissimo. In una decina d’anni San Pellegrino è divenuta l’acqua più esportata al mondo, l’acqua più desiderata è una delle più care. Bravi nella distribuzione, nella logistica,ma soprattutto bravi nella comunicazione. “Se bevi San Pellegrino, vivi l’emozione italiana, apprezzi l’Italian Style”. Il prodotto è italiano sul serio, e la percezione che al consumatore si vuole dare è di vivere un’emozione di italianità. Eccola la chiave di volta per avere successo nel mondo. Una certezza sulla provenienza e uno stile, un sapore, un’atmosfera che richiamino la nostra unicità garantita da una storia che non ha eguali al mondo in termini di stile, qualità della vita, arte, architettura e tecnologia.
Ciò che va comunicato è il “sapore”, lo stile, il gusto italiano. Dobbiamo comunicare attraverso i nostri prodotti realizzati nel Bel Paese:
“THE ITALIAN EXPERIENCE”
“THE ITALIAN FLAVOUR”
“THE ITALIAN TASTE”.
I consumatori in giro per il mondo vogliono sentirsi più italiani, partecipare all’esperienza italiana. Questo è ciò che dobbiamo comunicare con gli slogan e con il tricolore su ogni prodotto italiano che esce dall’Italia.